Cinque donne che, di madre in figlia, si passano il testimone, trasportando lo spettatore in un viaggio nel tempo a cavallo tra due secoli, in un crescendo di commozione e divertimento. Percorrendo più di cento anni di storia, dal 1887 ai giorni nostri, queste cinque donne ci portano per mano in mezzo ai grandi cambiamenti epocali, viaggiando dal Sud Italia al Nuovo Mondo e ritorno, attraversando grandi rivoluzioni, passando dalla vita contadina a quella iperconnessa, avanzando verso un futuro che cambia e che le cambia. E cambia anche la lingua che parlano, in un’evoluzione che attraversa generazioni e continenti: dal profondo Sud che usciva appena dal brigantaggio all’America di Woodstock e degli hippy; dai primi movimenti di emancipazione della donna al vuoto di valori degli anni ’90 del Novecento; dalla donna evoluta, indipendente e di successo che ha tre mariti e non ne indovina nessuno, fino alla ragazzina che ha già le idee chiare e quando rimane incinta decide di fare famiglia, nonostante vada ancora al liceo. La mamma meridionale, l’emigrante femminista, la figlia dei fiori naif, la manager delusa e l’adolescente nativa digitale: ognuna di queste donne ci racconta un pezzo della storia, la sua personale ma anche quella del nostro Paese. A fare da corollario al racconto, una scena fatta di foto e proiezioni, attraverso cui lo scorrere del tempo è sempre tangibile, ricordandoci volti e fatti che fanno parte del nostro vissuto e della memoria storica di tutti noi. Anche la colonna sonora attraversa tutto il secolo, dalla musica popolare al rap. Con un tono sempre in bilico tra il brillante e la commozione e uno sguardo fortemente ironico su chi siamo stati e chi diventeremo, ci specchiamo in queste donne scoprendo come è cambiata la nostra società: la coppia, il matrimonio, i rapporti tra genitori e figli, l’emancipazione femminile, le contraddizioni, i successi e i fallimenti. Queste cinque donne non si capiscono, ma in fondo si assomigliano. E scopriranno che il luogo da cui fuggono diventa quello in cui è necessario tornare, perché le nostre radici sono importanti, anche quando vogliamo dimenticarle.