Il mediatore interculturale e lo storytelling
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“Nessuno meglio dello straniero conosce la passione della solitudine. Eppure l’assoluto di questa libertà – quella di averla scelta – si chiama Solitudine. Disponibile, libero da ogni legame, lo straniero non ha nulla, eppure è pronto per l’assoluto.” Julia Kristeva, Stranieri a noi stessi. L’Europa, l’altro, l’identità. Donzelli, 2014
Lo Straniero è pronto per l’assoluto! Toccante ma anche pungente metafora che rispecchia la nostra società attuale!
Attivando l’empatia e stoppando il giudizio, proviamo ad immaginare che cosa possa significare <essere pronto per l’assoluto> . Pronto ad affrontare il tutto, ad accogliere e farsi accogliere, a raccontare il suo vissuto, la storia del suo sé fluido o bloccato, i suoi valori,i suoi dolori ed i suoi silenzi, le sue paure le sue emozioni?
Di fronte a questo assoluto dello "straniero", il mediatore cosa può e deve fare? Qual è il suo ruolo?
Il lavoro del mediatore potrebbe iniziare da questa poesia. Un compito molto ardito.
L’incontro preliminare tra le parti - tra cui lo straniero - ed il mediatore costituisce l’occasione di mostrare alle parti che il mediatore ha sia le capacità tecniche che le qualità umane per aiutarle a trovare una soluzione di reciproca soddisfazione. Un’occasione di mostrare che il mediatore conosce gli strumenti da utilizzare affinché ci si arrivi ad un dialogo autentico e di fiducia .
Uno di questi strumenti è lo storytelling. In primo luogo perché, la comunicazione avviene sempre a due livelli distinti, del contenuto e della relazione.
In secondo luogo perché il mediatore non mette al centro sé stesso bensì i suoi interlocutori, facendoli sentirsi degli <eroi> protagonisti della questione rispetto ai quali il mediatore si pone quale un “al qantara” . Il che facilita loro il passaggio dall’uno all’altro.
Comprendiamo, quindi, che lo storytelling è un momento significativo, è “il tempo delle parole, delle emozioni e le parole curano. […] Perché sul ciglio di un abisso ti accorgi che l’anima racchiude in sé l’infinito.” Eugenio Borgna, Il tempo e la vita.
Maria Mihaela Barbieru, laureata in Filologia – Lingue Romanze, master conseguito in "Cognitive Sciences" e in “Intercultural Competence and Management-Comunicazione, gestione dei conflitti e mediazione interculturale in ambito aziendale, educativo, sociosanitario, giuridico, dei mass media e per l’italiano L2”, Perito Tecnico e CTU presso i Tribunali di Milano e Monza, si occupa di docenza e consulenza linguistica, comunicazione aziendale e mediazione interculturale. Condivide le sue ricerche con alcune università europee. La comunicazione interculturale è una delle sue attività principali, in quanto le relazioni interculturali autentiche non possono esistere se lo strumento principale della relazione - che è la comunicazione - non esiste.
Consapevole che la cultura, se non è conosciuta e rispettata, può danneggiare gli affari e le relazioni. In un contesto globalizzato, in cui ogni mercato impone alcuni codici comunicativi, una “propria cultura”, occorre avere consapevolezza delle nuove competenze interculturali, dei nuovi indicatori di successo aziendale nonché del linguaggio efficace del management interculturale